Il rilancio del centro storico e del commercio cittadino non può dipendere dalla chiusura tout court o dalla pedonalizzazione di una strada anche se importante come via Mercatovecchio, ma passa attraverso una visione e una pianificazione strategica che abbia come peculiarità la valorizzazione di tutta l’area centrale della città e della sua imprenditorialità. La logica del movimento delle masse dal centro alla periferia e con la migrazione delle imprese commerciali e manifatturiere verso l’extra-urbano, comporta una valutazione e uno studio approfondito che trova fondamento nella complessità dei risultati ottenuti grazie a un processo di analisi del marketing urbano. Oggi, quello che più manca a Udine è questo strumento di pianificazione in modo di trasformare un centro storico vuoto di persone e con i negozi in crisi, altri che abbassano le saracinesche, in un centro storico attrattivo e nel contempo un luogo piacevole da visitare e frequentare. Ciò significa che il primo passo da compiere per realizzarlo, è crearne le condizioni. Purtroppo, da parecchi anni in città si è aperto questo lungo dibattito sul tema, che vede protagonista il centro storico, la sua pedonalizzazione e il commercio cittadino, ma anche amministrazione comunale, commercianti e politica. Forse lo sbaglio che si sta commettendo è quello di considerare la pedonalizzazione e/o la pavimentazione, in questo caso di via Mercatovecchio, lo strumento giusto o la via d’uscita per risolvere tutti i mali e per risollevare in via definitiva, le sorti del centro e del commercio. A mio avviso, il punto di partenza dovrebbe essere un altro. La città ha una sua area ben definita pedonalizzata e chiusa al traffico cui è possibile muoversi liberamente a piedi o in bici, da qui bisogna partire. Muovendosi principalmente seguendo questa riflessione, occorre ripensare al ruolo dell’attuale centro cittadino e del commercio nel suo intero, nell’ambito di strategie di promozione del territorio che mirano alla rigenerazione urbana, economica e sociale capace di trasformare il centro in un laboratorio dove si sperimentano nuove forme di cittadinanza attiva unendo partecipazione e cultura. Politiche di promozione e rigenerazione urbana (e non l’ormai vecchio e abusato termine della rivitalizzazione) dei centri storici passa per la capacità di stimolare la formazione anche di un nuovo sciame di piccole e medie imprese, ad alto contenuto d’intelligenza e d’innovazione. Per realizzarla bisogna prendere in considerazione, o meglio, iniziare a parlare della terziarizzazione dell’impresa fondata sull’high-tech, culturale e creativa. Non solo, ma attribuendo un ruolo di “locomotore” alla scienza, alla tecnologia ai fini della crescita economica di un sistema urbano, mettendolo in sintonia con le trasformazioni epocali che la società sta vivendo. Poi c’è il ruolo importate del turismo e del turista che viene a visitare la città. Il turismo è una delle chiavi di lettura individuata in alcuni distretti importanti del commercio, come in Lombardia e in Veneto. Animazione, cultura, aggregazioni, accoglienza turistica, eventi, rassegne, ma anche il miglioramento dell’attrattività in connessione all’offerta da proporre, un vero restyling dell’arredo urbano, così come le politiche devono spingersi verso il superamento dell’ottica dell’evento singolo, importante ma limitato nel tempo, ma in direzione di una programmazione che preveda eventi nel medio e lungo periodo. Nel conteso della rigenerazione urbana, bisogna far cresce il ruolo attivo e propositivo degli operatori economici, la loro attitudine a cooperare e la disponibilità a riconoscere nell’attore pubblico, anziché un mero dispensatore di servizi, un partner con il quale sviluppare azioni sinergiche che possano aumentare il livello d’integrazione fra politiche commerciali e quelle territoriali. Una partecipazione attiva e interattiva nei confronti dell’istituzione pubblica può diventare fonte di razionalizzazione, di successo e di efficacia, possono far emergere soluzioni non previste e aumentare la coesione e il consenso sulle scelte. Purtroppo, a Udine oggi il processo è all’inverso. Queste due realtà (pubblico-privato) che sono uno dei principi cardine della rigenerazione urbana che trova il suo fondamento nella condivisione delle scelte, a Udine per ciò che concerne il centro storico e il commercio cittadino, sono risultati pressoché inesistenti. Le relazioni tra pubblico, cittadini e imprenditori, quindi soggetti privati, risultano scollati tra di loro e nel contesto attuale, sembrano essere dei soggetti estranei senza nessuna relazione tra di loro. La politica dal canto suo cerca di allearsi o no con le fazioni che gridano di più. Sbagliatissimo, non più altro per la politica, oggi spesso urlata, ma per il bene della città. Su questo, le colpe sono in parte anche di chi governa. Capiamo che mettere d’accordo tutti è sempre stato un problema, Udine con appena 100 mila abitanti, non né Roma né Milano. Quindi, su progetti importanti come ad esempio quello di via Mercatovecchio è lapalissiano. Esistono anche altri esempi, il piano di aumento delle tariffe della sosta dei parcheggi approvato dall’amministrazione comunale, il ruolo delle piazze, Duomo, San Giacomo, Venerio, XX Settembre, hanno seguito percorsi e decisioni calate dall’alto, scelte che sono risultate poco condivise tra chi governa e i fruitori della città. Quest’atteggiamento fa sicuramente male alla città, ai cittadini e agli operatori del commercio e ai produttori di reddito e di ricchezza. Serve un ragionamento complessivo, governato e responsabile che abbracci tutto il contesto dell’esistente, altrimenti rischio è reale, e il già avviato processo di desertificazione del centro urbano e con esso la migrazione residenziale e dei negozi; uno spopolamento progressivo che nessuno sarà in grado di invertire, con danni visibili e indelebili per chissà quanti anni.